Home Magazine Giorni di vinile 23 Luglio 2011, la morte di Amy Winehouse

23 Luglio 2011, la morte di Amy Winehouse

“Di Amy Winehouse mi piaceva molto la voce, ma anche la personalità… il mio più grande rimpianto è non averla mai ascoltata dal vivo.. lei era un’icona irrangiungibile”  Noemi

Erano le 15.53 quando la cantante è stata trovata senza vita nel letto di casa sua a Londra, sua città natale, in Camden Square. Purtroppo come anche in altri tragici simili eventi che hanno coinvolto altri artisti, le cause della morte non sono mai state chiarite totalmente. L’autopsia effettuata il 25 luglio, quindi due giorni dopo, non le chiarì. Un famigliare disse “Le analisi non hanno rilevato tracce di sostanze stupefacenti, solo quelle di alcol, ma non in misura tale da stabilire se queste abbiano influito sulla sua morte”

Non hanno aiutato a chiarire ulteriormente la situazione i risultati delle analisi tossicologiche pubblicate il 27 ottobre dello stesso anno che hanno rilevato un tasso alcolemico nel sangue al momento della morte, 5 volte superiore al limite consentito per la guida. Si disse che la morte fu causata  da uno shock chiamato “stop and go”, dovuto all’assunzione di una elevata dose di alcol dopo un periodo di astinenza.

Ma anche questo successivamente venne messo in discussione.

Di vero c’è che la povera Amy visse una vita travagliata, devastata dall’uso di sostanze stupefacenti e da alcol. Alla radice, il divorzio dei genitori di cui lei stessa ha parlato nel documentario “Amy”. Una separazione che visse traumaticamente (aveva 9 anni) soprattutto per il comportamento del padre (che da oltre 8 anni aveva una relazione con un’altra donna e per la quale poi lasciò moglie e figli).

 

A detta della famiglia, lo stato emotivo dell’artista, ebbe un ulteriore crollo nel 2006 quando le morì la nonna, che per lei era diventata il punto di riferimento, il suo baricentro.

A sostenere la tesi potrebbero esserci anche gli eventi accaduti l’anno seguente. Nell’estate 2007 infatti Amy cancellò tutta una serie di appuntamenti live sia nella sua terra che nel resto d’Europa a causa di un esaurimento. Fu lei stessa a comunicarlo. Addirittura confessò problemi di autolesionismo, depressione e anoressia.

Da tutto questo è facile capire in quale marasma visse vita e professione, aspetti che risentirono fortemente del suo disordine psicologico e delle sue dipendenze.

Anche il chitarrista dei Rolling Stones, Keith Richards la sostenne dando consigli su come uscire dal tunnel della tossicodipendenza sia a lei che al musicista inglese Pete Doherty (già noto per una discussa storia con la modella Kate Moss) e che amò Amy Winehouse, tanto che nel corso di un’intervista, l’anno seguente alla morte della cantante (2012) confessò che “per quanto possa essere difficile, lo ammetto, è vero, eravamo amanti. L’ho amata e la amo ancora”

Una sofferenza di vita la sua, che nascondeva forti fragilità e sensibilità Amy infatti fu molto attiva sul sociale, con numerose donazioni, soprattutto finalizzate all’universo infantile. Tra i conoscenti, sia artisti che amici, era nota la sua generosità nei riguardi degli altri tanto che usavano dire “Chiedi a Amy e lei lo farà

Oggi esiste la Amy Winehouse Foundation attiva nella prevenzione all’uso di droghe sui giovani e fondata in sua memoria il 14 settembre del 2011, l’anno della sua morte.

Una vita travagliata che, al contrario, ha prodotto musicalmente veri gioielli discografici, già dal suo esordio nel 2003 con l’album “Frank”. Commuove ancora la sua interpretazione di traccia in traccia

Il cantante jazz Tony Bennet dopo la scomparsa di Amy disse di lei, tra le altre cose “…lei era l’unica cantante che cantava davvero, quello che io chiamo il ‘modo giusto’, perché era una grande cantante jazz… Era davvero una grande cantante jazz, una cantante jazz vera…”

Fu interpretando due tracce dell’album che avvenne il suo debutto televisivo ospite del programma “Later.. with Jools Holland”. “Frank” divenne disco di platino. 1 milione e mezzo le copie vendute e la prima nomination ai Brit Awards

E si arriva dritti dritti al 2006, l’anno dell’incoronazione a star internazionale a tutto tondo. Il 27 ottobre esce “Back to Black” un album ricco di singoli di successo ad iniziare dall’omonimo, che fu il terzo estratto.

Ma già il singolo apripista aveva fatto sentire la sua ‘voce’! “Rehab” uscito tre giorni prima dell’album

Risale invece al dicembre 2007 l’uscita del quinto singolo “Love is a losing game”. Il pezzo è stato definito dalla critica una delle sue produzioni migliori.

Anche a chi non conosca la lingua inglese, quindi in grado di conoscere testi e intenzioni, non sfugge un’armonia permanentemente profonda e malinconica, una tristezza che Amy è riuscita ad esaltare con le sue qualità vocali e con quella sensibilità che tanto l’ha esposta alle ferite della vita.

La sua scomparsa avvenne alla vigilia della pubblicazione del suo terzo album che uscì quindi postumo il 5 dicembre 2011 anticipato dal primo estratto “Our Day Will Come”

e fu subito successo. Nel gennaio 2013 Amy ha ricevuto una nomination ai Brit Award come “British Famale Solo Artist”. Nella storia del Premio, è la prima volta che viene assegnata una nomination postuma.

Il 20 luglio 2011, appena tre giorni prima della sua morte, ha partecipato all’iTunes Festival London con Dionne Bromfield.

Quella fu la sua ultima apparizione pubblica

Patrizia Santini

 

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