Home Magazine Giorni di vinile 29 novembre 2001, la scomparsa di George Harrison

29 novembre 2001, la scomparsa di George Harrison

Non sono che uno dei tanti che sa suonare la chitarra. So scrivere un po’. Non credo di sapere fare nulla particolarmente bene, ma credo che, in un certo senso, sia necessario che io sia esattamente così” così descriveva se stesso l’ex Beatles nel 1971 e mai come in questo caso una riflessione su se stessi appare decisamente inferiore alla realtà perché George Harrison tutto fu meno che musicista anonimo e dalle capacità standard.

Solo leggendo pagine e pagine di biografia e passaggi estratti dalla sua autobiografia, si riesce a comprendere il suo valore di artista. Capacità e sensibilità che gli hanno permesso di vivere una vita di successi anche dopo lo scioglimento dei mitici Beatles. A dimostrazione di tutto ciò nel 1993, il 6 dicembre, fu il primo musicista insignito del “Century Award” prestigioso riconoscimento alla carriera da parte della rivista statunitense Billboard.

Era il 29 novembre 2001 quando a soli 58 anni George si spense dopo aver combattuto a lungo contro un tumore al cervello, sviluppatosi dopo il cancro secondario a un polmone. La battaglia contro il tumore era cominciata nel 1997 con un’operazione alla gola.

Solo alcune settimane prima si era sottoposto ad una seduta di radioterapia presso un ospedale alle porte di New York, dove aveva in precedenza subito un intervento al cervello.

A ricordare la sua attività e il suo valore trasversale, in quanto cantautore, polistrumentista, compositore, attore, produttore cinematografico e discografico, ma anche interessato ad una profonda crescita interiore e spirituale, anche il regista Martin Scorsese con un documentario “George Harrison: living in the Material world”

E’ nota infatti la sua passione, il suo profondo interesse per la filosofia orientale che conobbe durante il suo primo viaggio in India nel 1966 per approfondire lo studio del sitar, lo strumento a corde indiano che aveva imparato ad amare l’anno precedente. Infatti fu nel ’65 nel film ‘Help!’ che lo sentì per la prima volta e lo stesso anno ne acquistò a Londra utilizzando le sonorità già all’interno dell’album ‘Rabber soul’.

E’ stata tanto profondo il suo interesse verso la cultura indiana, la religione, l’approccio col mistico e il divino, la meditazione, che convinse il resto della band a fare un viaggio in India, vicino al Gange, il Sacro Fiume indiano. Era il 1968.

Tutta la sua vita da allora in poi fu vissuta con grande spiritualità, ma anche soffrendo di evidenti contraddizioni, come l’attaccamento ai beni materiali.

Tra i tantissimi successi che Harrison scrisse e portò al pubblico coi Beatles, ci fu anche quella che Frank Sinatra giudicò la migliore canzone d’amore di sempre “Something

Indimenticabili altri successi come “My Sweet Lord” nell’82 che purtroppo gli causò una lunghissima causa per plagio inconsapevole ai danni, così sembrò, delle Chiffons e del loro He’s so fine. Perse la causa e dovette pagare una multa di un milione seicento mila dollari. In seguito si scoprì che fu ingannato dal suo allora manager Allen Klein doppiogiochista che comprò il caso cercando di acquistare per sé i diritti di ‘He’s so Fine’

Altra chicca nel bagaglio di Harrison il video clip “When We Was Fab” che lo stesso artista presentò il 25 febbraio 1988 al Festival di Sanremo e che fu premiato come “Miglior video dell’Anno”

 

E non solo perché si deve proprio a lui la serie dei grandi concerti benefici. Il primo fu da lui progettato e curato, si svolse nel 1971 al Madison Square Garden di New York “The Concert for Bangla Desh”. L’evento fu il suo ‘fiore all’occhiello’ e registrò il tutto esaurito. Purtroppo a questo seguirono ancora alcune grane legali.

Riporto integralmente “Considerando la portata dell’evento, gli intenti benefici furono tuttavia raggiunti soltanto parzialmente. Nel corso del 1972, i funzionari del Fisco americano sollevarono varie questioni in merito ai proventi raccolti dal concerto e dalle iniziative connesse. L’album, tra l’altro, non fu considerato una pubblicazione benefica, con la conseguente applicazione sui proventi della normale tassazione per le pubblicazioni standard. Una parte consistente dei fondi raccolti rimase quindi bloccata fino al 1981. Fu un duro colpo per Harrison, che rimpianse per lungo tempo il fatto di aver organizzato il concerto in fretta (cinque settimane soltanto) e di non aver istituito, causa i tempi ristretti, una fondazione benefica a cui destinare subito e senza problemi tutti i fondi raccolti

Nel ’73 pose subito rimedio fondando la Material World Charitable Foundation.

Purtroppo anche George Harrison subì una violenta aggressione. Accadde il 30 dicembre 1999. L’aggressore, Michael Abram, uno squilibrato, si introdusse durante la notte nella sua residenza inglese, ad Henley-on-Thames e lo pugnalò svariate volte al torace. A differenza di quanto si è stato detto e cioè che fu la moglie a salvare George quella notte colpendo alla testa l’aggressore con un oggetto appuntito, la stessa Olivia confermo che in realtà i due si salvarono a vicenda perché anche l’ex Fab Four saltò addosso all’uomo mentre stava per assalire la moglie.

Purtroppo non visse a lungo, ma non morì a causa delle ferite riportate.

Spirò  a 58 anni nella sua casa di un caro amico, Gavin De Becker,   a Los Angeles a causa di un tumore. Il suo corpo fu cremato e le sue ceneri, raccolte in una scatola di cartone, sparse, come da sua volontà, nel sacro fiume indiano Gange secondo la tradizione induista. E’ sempre la moglie Olivia che poco tempo dopo la morte del musicista ha desiderato spiegare un importante concetto, caro al suo George:

«Ha lasciato questo mondo come aveva vissuto: consapevole di Dio, senza paura della morte e in pace, circondato dalla famiglia e dagli amici»

“Brainwashed” è il suo ultimo album, pubblicato però postumo nel 2002 dopo la sua morte ottenendo anche buone critiche da parte della stampa specializzata. Vendette abbastanza bene, anche se un po’ al di sotto delle aspettative.

George Harrison ha iniziato a lavorare al disco, che raccoglie undici inediti e il remake di “Between the Devil and the Deep Blue Sea”, all’inizio del 1988

Purtroppo a causa della malattia rimase incompiuto, ma a terminare il lavoro il figlio Dhani e Jeff Lynne ai quali aveva lasciato precise indicazioni.

«Nell’insieme non avrebbe proprio importanza se non avessimo mai fatto dischi o cantato una canzone. Non è importante quello. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles; conta quello che hai dentro. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro.» George Harrison

Patrizia Santini

 

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here