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SPECIALE VIOLENZA CONTRO LE DONNE: Codice Rosso, Articolo 6: Condizionale sospesa se si partecipa a percorsi di recupero

 

Una possibilità che crea non poche difficoltà a Centri o  sportelli di ascolto a cui questi uomini dovrebbero rivolgersi e un articolo che ha sollevato più di una polemica. Conosciamolo meglio. Intanto ricordiamo che, come leggo e riporto testualmente dal sito ufficiale della Camera dei Deputati il

28 febbraio 2020 Il Parlamento ha approvato la legge n. 69 del 2019, volta a rafforzare la tutela delle vittime dei reati di violenza domestica e di genere tramite interventi sul codice penale e sul codice di procedura penale. Il provvedimento scaturisce dall’esame parlamentare del disegno di legge del Governo relativo al c.d. codice rosso (AC. 1455)”

L’Articolo 6 è una modifica all’articolo 165 del codice penale in materia di sospensione condizionale della pena

L’Articolo 6 prevede che, con riguardo ai reati di violenza domestica e di genere, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. Il giudice nella sentenza stabilisce il  termine  entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti. Gli oneri derivanti dalla partecipazione a tali corsi di recupero sono a carico del condannato

Ciò che provoca qualche perplessità è il fatto che gli uomini autori di violenza che in questo caso scelgono di intraprendere un percorso di recupero, grazie alla sospensione condizionale della pena, non sono obbligati a comunicare la loro posizione al Centro. A fare più chiarezza è il referente del Centro LDV, Liberiamoci dalla Violenza, dell’Ausl di Parma, Alessio Testi:

Io rispondo in merito a ciò che fa il nostro servizio. Liberiamoci dalla Violenza dell’Azienda Usl di Parma, funziona con un accesso su base volontaria. Il diretto interessato prende contatti con lo stesso, il servizio lo accoglie e raccoglie ciò che l’uomo decide di portare. Per cui non sempre il servizio LDV è al corrente di quanto accaduto in precedenza. Nel caso in cui l’uomo voglia fare richiesta di presa in carico al servizio LDV, l’uomo porta ciò che solo lui ritiene. Per cui nel caso un uomo acceda in maniera più o meno volontaria a fronte di un invito da parte del suo legale o del Tribunale, non è detto che il servizio sia a conoscenza della sua pendenza penale perché non esiste un rapporto diretto fra servizio e istituzione giudiziaria. Quel che succede invece, a volte, in alcuni casi, a posteriori, è che l’istituzione giudiziaria chieda a distanza di settimane o mesi, se la persona in questione ha preso contatti e a che punto è eventualmente il suo percorso. Riassumendo, un uomo accede volontariamente allo sportello, porta ciò che ritiene, quindi può essere pienamente onesto o può omettere alcuni dettagli. A distanza di tempo, nel momento in cui il percorso arriva a conclusione o la persona ritiene di essere arrivato al suo obbiettivo, richiede attestazione al servizio, che ne produce attestazione. Dopodiché il diretto interessato ne fa tutti gli usi consentiti dalla legge”

Un esempio di quanto spiegato dal dott. Alessi è il caso di Mirko Genco, il 24enne residente a Parma, autore dell’uccisione della sua ex, la 34enne Cecilia Hazana di origini sudamericana, residente a Reggio Emilia, avvenuto nel novembre scorso. Il giovane era libero grazie al patteggiamento della pena a 2 anni di reclusione (pena sospesa) per stalking proprio nei riguardi della stessa Cecilia a condizione che  intraprendesse un percorso di recupero attraverso i servizi di cui si è su spiegato. Genko si è rivolto sì ad un centro di Parma, ma poi dopo un incontro preliminare, non si è più presentato.

 

Patrizia Santini

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