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Jovanotti si racconta a due anni dall’incidente: “Ho questo dolore fisso addosso, lo vivo come se fosse un compagno di viaggio”

Sono passati due anni dal quel bruttissimo incidente in bici a Santo Domingo e Jovanotti ha voluto raccontare ai fan quei momenti, senza nascondere come sta convivendo con il dolore tutti i giorni. “Oggi mi fa ancora male, ho questo dolore fisso che ormai è talmente familiare che lo vivo come un compagno di viaggio, io gli sto addosso, mi alleno tutti i giorni, lui mi sfida, io non mollo. Insieme andremo lontano”, ha confessato.

Inizia così la sua lunga lettera ai fan: “Due anni fa esatti, 15 luglio 2023, mi sono svegliato prima dell’alba, ero in Repubblica Dominicana ospite a casa di amici con la Fra per un paio di settimane di vacanza. Siccome mi conosco e so che ombrellone e lettino non fanno per me, mi ero portato la bici, una gravel, così da esplorare un po’ l’isola fuori dai compound per villeggianti. Il giorno dopo il mio arrivo nell’isola leggendaria di Hispaniola mi ero addentrato per un cinquantina di km e mi era piaciuta. Dopo le 8 di mattina faceva già un caldo bestiale, ma pedalare da solo nell’umidità tropicale mi piace, de gustibus… lo so. Così quella seconda mattina avevo pensato di attraversarla tutta fino alla costa al di là della dorsale che taglia in due l’isola. Ho riempito le borracce, preso documenti e qualche soldo per comprare eventuale frutta lungo la strada e sono uscito nel buio per godermi la freschezza dell’alba”. 

Poi l’incidente: “Avevo già fatto un centinaio di km, mi ero già perso due volte perché la mappa sul cellulare continuava a sbagliare strada e ne mancavano una ventina al punto dove avrei fatto un bagno nel mare in una spiaggia che presumevo fosse deserta. Poi avrei girato la bici e sarei tornato verso la mia consorte e i miei amici in tempo per un gran pranzo vacanziero.
Mi ricordo che era un rettilineo bellissimo che tagliava una piantagione infinita di canna da zucchero di un verde smeraldo, il cielo era perfetto senza una nuvola e io stavo pensando che era proprio una meraviglia tutto, e quel momento in particolare, e pensavo che avevo fatto proprio bene a portarmi la bici e che il giorno dopo sarei andato a vedere la casa di Cristoforo Colombo nella capitale, sempre a pedali, e i pomeriggi li avrei dedicati a stare con la Francesca e i miei amici bevendo acqua di cocco da una noce fresca, e magari una birra gelata. Una gran bella vacanza.
Le canne da zucchero fitte fitte coprivano la visione di un banchetto di frutta e verdura al lato della strada e l’asfalto appena rifatto di nuovo rendeva invisibile il dissuasore di velocità che il fruttarolo o chi per lui aveva steso davanti al suo negozietto per far rallentare le macchine così da ispirare l’acquisto di un cocomero o di un’ananas. Non l’ho vista, non si vedeva proprio. Così sono volato a terra, facendomi molto male. Quando ti fai molto male nei primi secondi non senti male, anzi non senti niente, e infatti ho addirittura preso il cellulare dal telaio della bici e ho girato un video dove dicevo che ero caduto perfino sorridendo, poi ha iniziato a farmi malissimo, ho visto che il piede era al contrario e la clavicola mi bucava la pelle della spalla, e ho sentito le voci di quelli che mi stavano soccorrendo e la prossima cosa che ho sentito è stata la sirena dell’ambulanza. L’ultima frase prima che mi caricassero sulla barella è stata la voce di un anziano tipo vecchio west che gridava ‘ve lo sto dicendo da ieri che va segnalato questo coso! anche ieri quello col motorino è volato…'”.

Lorenzo poi parla dell’intervento e di come è iniziata questa nuova fase della sua vita: “E fu così che è iniziata una nuova avventura, fatta di intervento chirurgico d’urgenza fallito, un batterio entrato nel mio femore tritato in una sala operatoria che assomigliava più a un locale di reggaeton che a un luogo sterilizzato, e poi pazienza ginnastica ginnastica ginnastica altra operazione di 8 ore sei mesi dopo in Italia per aggiustare quello che si poteva aggiustare e poi ginnastica ginnastica ginnastica e nuove cose da imparare ogni giorno, e la testa da tenere concentrata sull’obiettivo di tornare sul palco, e anche di tornare in bici, e di camminare senza stampelle, e avanti così. Oggi sono due anni, e ci sono molte persone che voglio ringraziare, ma loro lo sanno, voi invece che mi leggete qui e che non ho occasione di parlarvi direttamente uno per uno sappiate che siete stati importanti in questi due anni. Molto importanti. Ci siamo ritrovati nella musica, e non era scontato. E ne avremo di momenti belli da passare ancora insieme”.

E termina con la confessione e il desiderio di riabbracciare tutti dopo una lunga pedalata: “Oggi mi fa ancora male, ho questo dolore fisso che ormai è talmente familiare che lo vivo come un compagno di viaggio, io gli sto addosso, mi alleno tutti i giorni, lui mi sfida, io non mollo. Insieme andremo lontano. Abbiamo appena fatto un tour di 54 concerti ed è stato bellissimo farlo, e si è divertito pure lui, il dolore, talmente si è divertito che spesso si dimenticava di esserci e ballava insieme a me e ci dimenticavamo uno dell’altro, Potenza della musica.
Il 26 luglio con la band di Palajova faremo l’unico concerto di questa estate. Sarà un concerto speciale perché parteciperà solo gente arrivata lì in bicicletta, e saremmo 5000 bici. Mi ero riproposto, quando un anno fa è nata l’idea di questo concerto speciale, di arrivare in bici anche io. Partendo da casa mia. E’ quello che tenterò di fare, 770 km, in pratica uno per ogni giorno o di questi due anni appena trascorsi, e non vedo l’ora di salire su quel palco il pomeriggio del 26 luglio al No Borders Festival e dire “ora cominciamo”!”.

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