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Covid 19: Smart life, cosa resterà di questo 2020

“L’equilibrio tra umanità, socialità e tecnologia è una delle sfide del nostro futuro”  Franco Amicucci, sociologo

Con il termine ‘Smart’ si intende un insieme di strategie ‘intelligenti’ tese all’ottimizzazione e all’innovazione delle risorse, in ogni ambito così, come leggo e riporto,  da mettere in relazione le infrastrutture materiali delle città «con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita»

In effetti è quello che è successo alla nostra società in questi mesi di isolamento, di distanziamento sociale. L’utilizzo di modalità tecnologiche intelligenti che ci permettessero di superare le ‘barriere’ invisibili che la pandemia ha innalzato, ha superato ogni previsione e ha permesso la messa in campo di una buona dose di creatività, ma in questo, gli italiani sono pressoché imbattibili.

La preoccupazione in moltio è che in futuro, dopo questa esperienza, si possa essere tutti fagocitati da una “intelligenza artificiale”, facilitando certo da una parte la fatica dell’uomo, ma dall’altra indebolendolo, perché distanziandolo uno dall’altro, rendendolo più solo.

In proposito ho interpellato il noto sociologo e formatore Franco Amicucci col quale ho condiviso un pensiero:

Professore forse ci voleva un evento di tale portata perché si potessero utilizzare le tante opportunità ‘smart’ che abbiamo imparato a conoscere da vicino in questi mesi?

Certo, questo è corretto. Già un famoso libro sulla storia dell’umanità, “Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni” di Jared Diamond , uscito nel 1997 trattava di ‘Armi, Acciaio ed epidemie’, come i tre grandi scossoni dell’umanità, che hanno sempre avuto il ruolo di risvegliare fenomeni latenti. Questi eventi sono grandi mobilitazioni energetiche collettive, una serie di risorse che vengono tirate fuori e che prima appartenevano solo ad una minoranza o erano un po’ sotterranee. Ecco, quello che è avvenuto in questi mesi, ci ha permesso di scoprire quanto la nostra soglia di accesso alla tecnologia, sia nel lavoro che nell’apprendimento, non fosse così alta.

Guardiamo le migliaia di insegnanti che si sono trovate a fare i conti, per la prima volta, con l’insegnamento a distanza, attivarsi cioè nello smart teaching, stessa cosa dicasi per lo smart working. (Una soluzione che una buona parte del mercato non aveva previsto, né aveva voluto farlo, n.d.r.). Ecco questo tipo di scoperta così di massa, così pervasiva, chiaramente non rimarrà tale nel ritorno alla normalità. Però nulla sarà come prima, perché quello che è stato acquisito ora, ridefinirà sia il lavoro che l’apprendimento

Prof. Amicucci, c’è la possibilità che tutta questa tecnologia penalizzi la socializzazione?

 “ Intanto esistono situazioni  molto differenziate, voglio fare un esempio: in questo periodo stiamo riclassificando dei comportamenti molto diversificati, ma che non dipendono solo dalla persona, dipendono anche dalle condizioni oggettive. Un conto è lo smart working in una città ben collegata con la rete internet o con la persona che ha uno studio privato,  un conto fare questo in una casa piccola, sovraffollata, con difficoltà di collegamento. Ecco sono due situazione opposte, perciò le condizioni oggettive influenzano molto le connessioni internet, gli spazi delle persone, gli spazi  della città. Questo è un aspetto legato a fattori esterni, poi ci sono i fattori più personali, più psicologici. Chiaramente soffre moltissimo la persona abituata alla socialità, alla relazione. In generale, al contrario, i giovanissimi sono più avvezzi alla connessione, allo stare insieme nella stessa stanza, dialogando allo stesso tempo al telefonino. Per noi adulti un tale comportamento è un’assurdità, ma i ventenni di oggi fanno parte di quella generazione cresciuta nell’era digitale e per questo già predisposta. Nonostante tutto questo, il lockdown subito ha permesso anche a tantissimi adulti di avere una reazione positiva importante.  Si è aperto un mondo nuovo.

L’equilibrio tra umanità, socialità e tecnologia è una delle sfide del nostro futuro, comunque

Vero è che abbiamo tirato fuori, come italiani, una grandissima creatività proprio facendo uso della tecnologia

“Certo, noi siamo un po’ come immigrati in un mondo nuovo, che vanno in una nazione che non è la propria, non siamo nativi digitali come invece lo sono i ventenni di oggi. E’ chiaro che ci sono approcci diversi. Probabilmente noi assisteremo ad un fenomeno nuovo della nostra vita, della nostra società. In questi mesi è emersa la necessità che alcuni settori della nostra società possano beneficiare ugualmente della tecnologia perché così com’era, la nostra vita non funzionava. In alcuni casi potrà essere una minaccia, ma voglio fare un esempio:

attualmente c’è un dibattito aperto su  lavori pesanti che nessuno vuole fare, vuoi per un problema di costi (bassi) che per cultura (lavori che non gratificano). L’agricoltura sarà proprio uno dei settori dove più forte si sentirà l’impatto della tecnologia, a cominciare dalla raccolta dell’uva. Ugualmente per quella dei pomodori e in tante altre colture, dove oggi il più delle volte emerge lo sfruttamento dei braccianti. Prevediamo una fortissima accelerazione dell’uso delle tecnologie e della robotica in alcuni settori in cui  il lavoro fisico è particolarmente pesante, ma anche nell’assistenza alle persone, nella medicina,..

Quindi in questo caso l’utilizzo di sistemi altamente tecnologici serviranno per alleggerire l’uomo dalla fatica più pesante e proteggerlo. Questo è l’aspetto positivo. La minaccia  è quella della relazione umana, del rischio di perdita della relazione umana, del contatto. Recuperarla o non perderla è un compito che spetta ancora alla creatività umana. Grande forza in questo avranno gli eventi, gli spettacoli, la musica, l’arte, che appartengono proprio alle nostre radici e quindi se sapremo ben coniugare la componente della nostra storia umanistica con quella tecnologica, ecco, noi potremo avere una bella ripresa del nostro Paese, come è stato in altri momenti tragici della nostra storia

Patrizia Santini

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