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Esibirono un’autocertificazione falsa: per il giudice non è reato perché il Dpcm non può vietare di uscire di casa

Vennero fermati circa un anno fa, lo scorso 13 marzo, in piena prima ondata pandemica, a un posto di blocco a Correggio, nella Bassa Reggiana. Nell’autocertificazione che consegnarono ai Carabinieri scrissero che la donna doveva recarsi in Ospedale a Correggio per sottoporsi ad alcuni esami clinici e che lui la stava la stava accompagnando. Una successiva verifica da parte dei Militari aveva appurato che si trattava di una dichiarazione falsa dal momento che non c’era stato alcun accesso alla struttura ospedaliera. Per la coppia scattò così la denuncia per violazione al primo Dpcm anti-Covid emesso l’8 marzo 2020.

Ma, come riporta l’agenzia Dire, il giudice Dario De Luca, Gup del tribunale di Reggio Emilia, li ha assolti entrambi dichiarando “il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato”. Nella motivazione si sottolinea in premessa che il Dpcm “stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare”. Tuttavia, prosegue la sentenza, “nel nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio (o in via cautelare, in una misura di custodia cautelare disposta dal giudice, nella ricorrenza di rigidi presupposti di legge) e in ogni caso nel rispetto del diritto di difesa”.

Secondo il giudice il Dpcm è da considerarsi illegittimo “per violazione dell’articolo 13 Costituzione che dice che la libertà personale è inviolabile”. Si tratta ovviamente di una sentenza destinata a fare discutere. (fotografia di repertorio)

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