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Lara Lugli: la pallavolista resta incinta e la società sportiva la cita per danni

A poche ore dalla Festa delle Donne, la pallavolista Lara Lugli ha denunciato su Facebook quanto le è accaduto: è stata citata per danni dalla società in cui giocava perché, dopo esser rimasta incinta e aver rescisso il contratto, ha fatto perdere i soldi degli sponsor alla squadra. Sembra incredibile. Ora l’Associazione Nazionale Atlete ha annunciato di voler scrivere al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al presidente del Coni Giovanni Malagò.

Nel 2018-2019, Lara, che all’epoca aveva 38 anni, giocava come schiacciatrice nel Volley Pordenone in serie B-1, squadra che puntava ad arrivare ai playoff. Come riporta la Gazzetta dello Sport, all’inizio di marzo Lara comunica alla società di esser rimasta incinta e il contratto viene rescisso. Un mese dopo, purtroppo, perde il bambino per un aborto spontaneo e lo comunica alla società, ma nel frattempo la squadra, senza di lei, ha iniziato a perdere molte partite e non le è mai stato mandato lo stipendio di febbraio. Dopo mesi di richieste per poter avere lo stipendio mancante, l’avvocato di Lara fa partire l’ingiunzione e qualche giorno fa arriva la citazione per danni da parte della società di pallavolo. Citazione in cui, fra le altre cose, si accusa Lara Lugli di aver richiesto “un ingaggio sproporzionato vendendo la sua età e la sua esperienza” e di “aver taciuto al momento della trattativa contrattuale la sua intenzione di avere dei figli”.

Ora l’Associazione Nazionale Atlete chiama in causa Mario Draghi e Giovanni Malagó, per chiedere che cosa intendano fare “per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli: la società sportiva con cui giocava a pallavolo in serie B1 nella stagione 2018-2019 le ha chiesto giudizialmente i danni per essere rimasta incinta, accusandola di aver sottaciuto al momento dell’ingaggio della propria intenzione di avere figli e quindi di aver violato la buona fede contrattuale. Il suo contratto prevedeva la risoluzione del rapporto per giusta causa “per comprovata gravidanza”.”, come si legge nel comunicato stampa che l’associazione ha pubblicato sui social.

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