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Covid 19 e lockdown hanno sviluppato in molti la ‘Sindrome della capanna’. L’intervista alla psicologa Marta Viappiani

Anche la dott.ssa Marta Viappiani, insieme a tanti altri colleghi sparsi in ogni parte d’Italia, ha operato e sta operando attivamente per sostenere, supportare psicologicamente le tante persone che hanno deciso di rivolgersi ai vari sportelli di ascolto avviati sia da Protezione Civile che da Croce Rossa, ma anche da molte istituzioni locali. Marta Viappiani fa parte dell’Equipe Psicosociale dell’Emergenza Parma. Al 3394033298 dal 25 febbraio ad oggi sono arrivate ben 205 chiamate.

Con lei torno a parlare dei malesseri che più frequentemente denunciano cittadini e operatori.

Da alcune statistiche a livello nazionale le motivazioni di chi utilizza lo sportello d’ascolto sono dovute a stati ansia (14%), depressione (13%) o più frequenti stati di preoccupazione generalizzata e altre situazioni pregresse emerse a causa dell’emergenza (oltre il 40%).

Ma con la fine del lockdown qualcosa è cambiato

All’inizio erano telefonate riguardanti persone con il panico scatenato dall’obbligo di dover stare in casa, in una sorta di coprifuoco, in un contesto surreale mai vissuto prima, un panico scatenato da un nemico invisibile contro cui combattere ad armi impari. Tutto questo ha facilitato nella maggior parte delle persone la creazione di una propria comfort zone casalinga. Anche se sono state almeno tre le tipologie di persone coinvolte: quella di chi ha continuato a lavorare e che quindi ha risentito meno dell’isolamento, quella che aveva già problematiche pregresse e il lockdown l’ha indotta a chiudersi ulteriormente, infine quella di chi ha assolutamente negato il problema, vedi il discorso movida, vedi il discorso manifestazioni senza dispositivi di sicurezza che ha messo in allarme tutto il mondo.

Mentre all’inizio c’erano telefonate appunto riguardanti attacchi di panico, terrore di essere contagiati dal virus, di toccarsi anche tra congiunti, si è passati ad una seconda fase, proprio in coincidenza con la ‘Fase 2 della ripartenza’, quindi con la riapertura di alcune attività, con la possibilità di spostarsi attraverso la propria Regione prima, su tutto il territorio nazionale poi, in cui molte persone hanno sviluppato una nuova paura, imprevista, quella di uscire di casa per le stesse paure. Da qui si sviluppa il concetto della Sindrome della capanna o del prigioniero. In seguito alla quale si è evidenziato anche un abuso di psicofarmaci

In cosa consiste la Sindrome della capanna?

Come dicevo è quel forte malessere, disturbo, che emerge quando in un’obbligata reclusione la persona riesce a trovare una zona di conforto e come nel nostro caso, in questi oltre due mesi di isolamento, si sono trovati equilibri nuovi, sviluppato antichi interessi, scoperto nuovi dialoghi familiari, la lentezza, ritmi meno serrati. Uscire significa per queste persone ritrovarsi a combattere contro un mostro invisibile

Per chi fosse interessato a conoscere meglio sia questa sindrome, sia come poterne uscire oppure come poter mettere in atto alcune elementari azioni per uscirne, può scrivere qui a seguire. Sottoporrò la richiesta alla dott.ssa Vappiani. E soprattutto concedetevi la possibilità di un aiuto, interpellando telefonicamente gli sportelli d’ascolto ufficiali.

Patrizia Santini

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