Home Magazine Smart Working, di quale vivremo? Parola all’esperto. Marco Bentivogli ha pubblicato il...

Smart Working, di quale vivremo? Parola all’esperto. Marco Bentivogli ha pubblicato il libro “In Dipendenti. Guida allo Smart Working”

Nei mutamenti chi ha visione e li anticipa è in grado di ridurre i rischi ed esaltare le opportunità”  Marco Bentivogli

A dispetto di tutti coloro che la pensano come una rivoluzione digitale indotta, sostenuta, richiesta dall’emergenza sanitaria da Coronavirus, lo smart working è una modalità di lavoro ‘già in corso’. Vero è che durante la pandemia questo metodo ha coinvolto almeno 6 milioni di lavoratori, come spiega Marco Bentivogli, Segretario Generale del sindacato FIM CISL, oltre che formatore e scrittore.

A lui ho chiesto in breve una definizione di Smart Working

E’ in sostanza una cessione di maggiore libertà al lavoratore in cambio di una maggiore responsabilità sugli obbiettivi. E’ una straordinaria opportunità che consente di poter lavorare senza avere un luogo di lavoro fisso e senza avere orari di lavoro codificati. E’ in sostanza una cessione di maggiore libertà al lavoratore in cambio di una maggiore responsabilità sugli obbiettivi

Si percepisce ancora una certa confusione nei termini telelavoro e smart working. Ci sono effettivamente delle differenze oppure è un’evoluzione del termine?

Ci sono differenze molto grandi. Il telelavoro è lo stesso lavoro che si fa in ufficio, spostarlo da remoto, a casa o in altri luoghi, però ben codificati. Lo smart working è un cambiamento radicale della cultura del lavoro, è un lavoro non in rispetto ad una mansione e ad un progetto codificato, ma è un lavoro su obbiettivi, per cui anche l’orario, le modalità e il luogo dove viene svolto, rientra nelle possibilità di scelta del lavoratore

Dott. Bentivogli, perché sino ad ora non era stato utilizzato in tutta la sua potenzialità ed è entrato irruentemente nelle nostre vite per una necessità grande quanto un’emergenza sanitaria mondiale?

Perché la cultura di gestione aziendale è ancora molto vecchia ed è organizzata e basata  sul controllo del lavoratore, come se la timbratura del cartellino e l’attività svolta in un determinato orario in una determinata sede, equivalesse ad una verifica di produttività.  In realtà le organizzazioni che utilizzano lo smart working privilegiano più la libertà e la responsabilità dentro la libertà del lavoratore. Molte aziende lo avevano capito e su queste avevano cambiato organizzazione del lavoro, cultura di gestione aziendale, modello di business trovando che il benessere del lavoratore aumentava e aumentava conseguentemente anche la produttività. Certo è che si tratta di  un processo impegnativo, bisogna fare tanta formazione, bisogna coinvolgere tutti, non deve riguardare solo i lavoratori che hanno lavori remotizzabili. E’ un processo di cambiamento aziendale, per cui anche farlo in emergenza denota molti rischi. L’errore più grave è giudicare smart working ciò che smart working non è. Spesso le persone hanno oscillato tra un cottimo digitale a 20 ore al giorno o a delle Smart Holiday. Le aziende erano talmente vecchie, le amministrazioni talmente vecchie da essere incapaci di dare continuità al lavoro anche da casa. Questo  è il vero discrimine che si pone rispetto all’esperienza fatta sin qui. Speriamo di andare avanti molto meglio

Argomenti che lei tratta nel suo libro

Assolutamente sì, è un processo di innovazione aziendale così importante che prevede un percorso che deve coinvolgere, come dicevo, tutti. L’elemento fondamentale però riguarda gli ingredienti di questa ricetta che si chiamano: libertà, autonomia, responsabilità e fiducia. Ecco questi sono gli ingredienti veri. Oggi invece si corre il rischio di una iper regolamentazione dello smart working che rischia, appunto, di uccidere lo smart working in culla. Invece lo smart working non è il lavoro da casa, è il lavoro intelligente, è il lavoro che concilia meglio il lavoro con la vita. Stanno cambiando molto i bisogni sociali proprio perché siamo male organizzati come tempi  della vita e del lavoro, una delle cause che hanno abbassato il tasso di natalità nel nostro Paese e questo bisogna assolutamente metterlo in conto.”

Finalmente si potrebbe pensare alla famiglia in maniera diversa, più costruttiva

Certo, la conciliazione del lavoro con la vita e non viceversa è assolutamente più raggiungibile e questo risponde ai nuovi bisogni sociali dei trend demografici. In Italia abbiamo sempre meno natalità e abbiamo il raddoppio degli ultra ottantenni. C’è un problema della famiglia, non del futuro, ma del presente di cura, per cui degli anziani e dei bambini, di quei pochi che ci sono. Perciò bisogna riorganizzare, io dico, il lavoro, ma bisogna anche riorganizzare le città, bisogna pensare a città policentriche, in cui i l lavoro in smart working non è per forza fatto da casa, ma in queste nuove aree che io chiamo smart work hub, nelle periferie, per lasciare il lavoro in periferia, dove oggi si aprono tantissimi spazi e in cui bisogna fare in modo che resti lì il lavoro e le periferie non diventino il luogo dove ritornare la sera. E’ un modo anche di rivitalizzare intelligentemente le aree interne. Non possono diventare o rimanere aree dormitorio dell’inurbamento quotidiano della grande città.  C’è una polemica in corso, ma la città che vive il suo business sul pendolarismo è una città malata, è una città inquinata, è una città intasata e soprattutto è una città disumana perché le persone non riescono a vivere appieno la loro vita

Dopo tante parole, crede davvero che sia il momento di poter porre la prima vera pietra del cambiamento? Siamo pronti?

Assolutamente sì, serve però che in tutti i luoghi ci siano gruppi dirigenti dotati di visione. Non si può guardare al breve periodo, al singolo problema del bar, per fare un esempio, che ha meno volume d’affari di una volta perché ci sono meno pendolari. Bisogna pensare che le città non sono sempre state così, il lavoro non è sempre stato così e tutte le volte ci sono dei mutamenti. Nei mutamenti chi ha visione e li anticipa è in grado di ridurre i rischi ed esaltare le opportunità. Per questo serve questa capacità di vedere oltre il ricatto del brave termine, tradurre in realtà queste intuizioni come molti stanno facendo, purtroppo devo dire soprattutto in altri Paesi. Queste nuove frontiere di rigenerazione del tessuto urbano rendono le città più sicure, le periferie diventano più vitali e la condizione migliore per questa trasformazione è  anche saper riportare le aree interne ad una minore marginalità. Anche dal punto di vista sindacale servono rappresentanti preparati e competenti, non sempre in difensiva, ma capaci di tracciare nuovi diritti digitali che serviranno in questo nuovo lavoro. Il diritto alla disconnessione per esempio è un diritto molto importante, perché altrimenti la traduzione dello Smart Working rischia di essere un cottimo digitale Appunto e lo smart Working è esattamente l’opposto. Si tratta di avere il coraggio di rimettersi in gioco

Il titolo del suo libro gioca un po’ coi termini, “In Dipendenti”. In quale maniera ha voluto farlo?

Si tratta di una nuova frontiera del lavoro sia quello dipendente sia quello autonomo anche perché i lavori svolti in smart working non sono lavori autonomi, ma dal punto di vista giuridico sono i lavoratori ad essere capaci di lavorare in autonomia”

Patrizia Santini

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here