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INCIDENTI SUL LAVORO, 4a parte: “E’ necessaria una campagna di informazione istituzionale” a dirlo l’avvocato dell’AMNIL, Ezio Torrella

di Patrizia Santini

L’ultimo in ordine cronologico, a livello nazionale, ha visto come vittima Ioan Vlonga un operaio di 40 anni di origini romene che ha perso la vita precipitando dal tetto di un capannone, il 1° ottobre, ad Opera alle porte di Milano. Indagato per omicidio colposo il titolare della Serbelloni Costruzioni General Contract, la società edile per cui l’uomo lavorava

E’ una lunga serie di nomi listati a lutto quella che continuamente riporta di incidenti sul lavoro, con esito mortale o molto gravi in quanto a lesioni riportate.

Anche la Chiesa si è mobilitata e attraverso il CEI chiede ‘fatti concreti” per prevenire ed evitare questa ecatombe che continua a seminare sofferenza  e lutto in tutta Italia”.

Quali possono essere i fatti concreti? A rispondere a questa e ad altre domande sul tema l’avvocato Ezio Torrella, legale dell’AMNIL, l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi sul Lavoro

“I fatti Concreti sono quelli che poi si dicono sempre, una maggiore sorveglianza sui cantieri soprattutto,  ma anche agricoli dove avvengono i maggiori incidenti mortali. Ovviamente bisogna educare alla sicurezza gli imprenditori piccoli e grandi perché i piccoli sono quelli che per esperienza vanno avanti ma non fanno mai dei corsi adeguati anche per se stessi. Non è raro che rimangano vittime loro stessi insieme ai propri operai. Mentre le aziende grandi invece non investono adeguatamente perché i costi effettivamente sono molto esagerati e quindi risparmiano sulla preparazione dei dipendenti, sui corsi di formazione e soprattutto anche sui sistemi anti infortunistici. Questo è un problema che si pone da sempre, nonostante che l’INAIL in qualche modo agevoli chi investe in sicurezza e nonostante tutti i richiami da presidente della Repubblica all’ultimo dei consiglieri comunali. Sulla carta sono tutti d’accordo, poi però, nel concreto… Ad esempio in una città come Bologna c’è solo qualche ispettore del lavoro e questo penalizza, ovviamente  e questo permette la vita di una giungla nel mondo del lavoro. Un mondo che adesso, soprattutto al voler recuperare ciò che si è perso in questi due anni, ci mette di fronte ad una vera ecatombe di infortuni sul lavoro. Voglio sottolineare che, è vero si parla solo dei morti, ma ci sono un sacco di infortuni gravi, di persone che perdono gambe e braccia,..  Per me è una questione  culturale, innanzitutto ma anche, come al solito, economica. Una questione che sarebbe possibile recuperare con della legislazione adeguata, magari più attuale e più concreta come già si prospetta di aumentare gli ispettori del lavoro e di dare incentivi alle aziende perché migliorino lo standard di sicurezza”

A me sembra che manchi proprio la cultura alla sicurezza sul lavoro, intesa come cura, interesse, conoscenza.  

Come già anticipato la cultura è proprio alla base di tutto, perché si può aiutare finché si vuole, ma se solo un piccolo imprenditore inizia a lavorare in situazioni di pericolo, perché lo ha sempre fatto, se non gli si incute l’idea che rischia sia la sua vita che quella dei suoi operai, non si va avanti e non solo da un punto di vista umano, ma anche personale ed economico. Quando succede un infortunio sul lavoro, la responsabilità al 99% è del datore di lavoro. E anche l’imprudenza del lavoratore poi viene sanzionata e condanna lo stesso il datore di lavoro che si trova a dover subire sia un processo penale sia, quasi sempre, un processo civile per il risarcimento danni e sono tanti soldi, spesso non assicurati. Così si rovinano due famiglie, quella dell’operaio e a volte anche quella del piccolo imprenditore che si trova a dover risarcire una montagna di soldi che non ha.. Quindi se noi, tutti, riuscissimo ad inculcare questa idea, anche tramite campagne di comunicazione istituzionali, che se è vero che l’acquisto oggi di un nuovo macchinario ad alta può essere una spesa impegnativa, è vero anche che nel tempo si possono risparmiare centinaia di migliaia di euro se non qualche milione ad incidente avvenuto. E’ necessario che la cultura della sicurezza i nuovi imprenditori la facciano propria, fin dall’inizio. I vecchi imprenditori, invece, secondo me, hanno purtroppo ormai quell’idea di andare avanti in un certo modo perché così hanno fatto sempre”

A volte ci si chiede, seguendo la dinamica dell’accaduto, se ci possa essere in qualche caso una corresponsabilità datore di lavoro/lavoratore

No non sono d’accordo, non c’è mai la corresponsabilità del lavoratore. Sono casi rarissimi che il lavoratore, commetta un atto del tutto imprudente per sua iniziativa che poi è quello che in sede di giudizio penale e civile, ci troviamo noi avvocati a difendere appunto i lavoratori e la prima cosa che dicono “..è stato imprudente”. No, mai, perché in genere il lavoratore svolge una mansione nell’interesse del datore di lavoro, quindi vuol dire che se è andato sul tetto senza imbragature, senza alcun ausilio di sicurezza e cade, scivola per qualsiasi motivo, la responsabilità non è certo l’imprudenza del lavoratore.. Io sono il legale dell’AMNIL appunto e quando vengono da me, spesso, molti lavoratori che hanno subito infortuni gravi, ma anche lievi, si incolpano dicendo di essersi distratti e la macchina li ha feriti.

In effetti poi quando si va a sondare il terreno e raccontare bene che cosa è successo il lavoratore racconta di lavorare solo con il pedalino senza schiacciare i due pulsanti a destra e a sinistra in modo che la macchina non ossa schiacciare le dita. Questo è un classico esempio di chi è abituato a lavorare in quel modo ma se il datore di lavoro per esigenze di produzione toglie i contatti con i pulsanti e si lavora solo col pedale è ovvio che prima o poi il lavoratore, per la stanchezza o per distrazione, si ferisce. Ecco questo è emblematico sul come si lavori attualmente”

 Quali sono le cause principali su cui si trova a lavorare il qualità di legale dell’Associazione?

Ovviamente si va da vari ambienti, ma quelli che sono abbastanza diffusi sono gli investimenti da muletti all’interno dell’azienda. Vittime dipendenti o operai passano nell’area di lavoro venendo travolti da muletti. In genere a riportare lesioni serie, gli arti inferiori. La cause è che mancano le corsie delineate per i pedoni e quelle per le per le macchine. Poi ci sono le cadute dall’alto. In questo caso le vittime sono piccoli artigiani che riparano tetti o grondaie e vanno su senza ausili di alcun genere e accade che scivolino cadendo anche da svariati metri. In quel caso se non perdono la vita, riportano lesioni gravissime che provocano handicap tanto invalidanti da non permettere più all’operaio di fare quel lavoro. In quel caso entra in un percorso di reinserimento al lavoro. L’Amnil si sta organizzando anche su questo fronte, è un servizio ad hoc per cercare di recuperare tutte le energie e le qualità dell’infortunato, per riuscirlo ad inserire in un contesto lavorativo diverso.  Anche nel settore agricolo si registrano tantissimi incidenti che vedono protagonisti piccoli imprenditori, spesso tutti della stessa famiglia. In questi casi molte volte i medici sono costretti ad amputare mani o piedi perché gli attrezzi vanno troppo vicini agli operai che stanno lavorando, c’è la distrazione, non si sta mai attenti perché sono tutti presi dal lavoro…Ecco questi sono i casi più classici e pericolosi.  

Ecco una cosa importante è che molti degli infortunati anche di quelli che seguo io personalmente sono stranieri perché sono quelli che fanno i lavori più umili in questo momento e quindi sono quelli maggiormente a rischio”

Avvocato, cosa riscontra nella sua attività di più ostico, in cui la sua attività si incaglia?

La mia attività si incaglia su un problema ahimè molto tecnico che sono sempre le prove per avere un giusto risarcimento all’infortunato.  Io spesso mi trovo in una situazione davvero disarmante quando si chiama testimoniare un collega di lavoro per un signore che ha subito un grave infortunio e a cui ha prestato il primo soccorso. In sede di giudizio, ritratta e per salvarsi il posto di lavoro afferma che quel giorno era in un altro reparto. Ci sono colleghi di lavoro che anziché aiutare i propri colleghi dicendo ‘oggi succede a lui, domani potrebbe succedere a me’ pur di non rischiare il posto di lavoro, quando vengono chiamati a  testimoniare (la vittima ferita mi dice chi c’era vicino a lui quando è caduto, chi l’ha soccorso,…) spesso si trovano colleghi che palesemente mentono. Ho avuto un caso da poco di un signore che è sprofondato in una vecchia palazzina storica da ristrutturare quando il solaio è crollato. Lui è rimasto paraplegico. Il primo collega che l’ha soccorso ha riferito che non si ricordava del sinistro. E’ avvenuto 7 anni fa e ha detto che assolutamente non si ricordava nulla, si è trincerato dietro un ‘non ricordo’. La paura di perdere il posto di lavoro, anche questo è un altro di quegli elementi fondamentali perché con questa paura non si combatte per la sicurezza sul lavoro. Nessun lavoratore di rifiuterà di fare un lavoro che gli è stato dato perché pericoloso”

Infine, in percentuale, quanti casi riesce a portare a termine positivamente?

Per quello che mi riguarda su 30 casi all’anno, 29 vengono risarciti, di cui la metà vengono risarciti stragiudizialmente. Soltanto qualcuno e devo dire fortunatamente sono casi rari, quando appunto i colleghi voltano le spalle al collega infortunato, allora là mi trovo in difficoltà. In genere anche la giurisprudenza per fortuna è molto evoluta in questo senso e quindi i principi di diritto sono che il lavoratore deve essere risarcito e il datore di lavoro deve provare di aver fatto tutto per evitare il danno. Questo vuol dire che per lui è una bella impresa che difficilmente riesce”  

Sono cause lunghe?

“Io sdoppio sempre il penale dal civile” perché il penale colpisce l’individuo in quanto tale, mentre a fianco si fa anche la causa civile proprio per ottenere anche il risarcimento danni, oltre la sanzione che lo Stato giustamente infligge. Però gli infortuni sul lavoro se non sono eclatanti (per esempio come quello che ha coinvolto la ThyssenKrupp o altri casi dove perdono la vita più operai) molte volte la giustizia penale è lenta. Non c’è velocità nel gestire e istruire un processo. A volte ci vuole un anno o un anno e mezzo solo per chiudere le indagini per poi essere rinviato a chissà quando. Invece col processo del Lavoro in genere si finisce molto prima. Dovrebbero comunque essere più veloci entrambi perché una persona che resta paraplegica ha diritto ad avere un risarcimento adeguato. Per fortuna in genere interviene l’INAIL. Quindi la prima sicurezza, una rendita che gli permetta di  vivere decorosamente. Ma tutto quello che riguarda  risarcimenti danni fisici e/o morali,… viene solo a seguito di un processo civile davanti al Giudice del Lavoro che generalmente è più veloce rispetto al giudizio penale”

 

 

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