Nella mattinata di ieri, giovedì 7 aprile, i Militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Portomaggiore (Ferrara), unitamente a quelli del Gruppo Carabinieri Tutela Lavoro di Venezia, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 3 cittadini pachistani, domiciliati nel portuense, per i reati, in concorso tra loro, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro aggravata, il cosiddetto caporalato, rissa e calunnia.
I luoghi interessati sono Portomaggiore e altre località nelle province di Ferrara, Rovigo, Padova, Venezia e Ravenna.
Agli arrestati viene contestato il reclutamento di manodopera per destinarla al lavoro presso terzi, prevalentemente presso aziende agricole, in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno, attività illecita commessa mediante violenza e minaccia nei confronti di numerosi lavoratori. Le indagini hanno permesso di documentare il reclutamento illecito di oltre 100 lavoratori, impiegati in più circostanze da 18 aziende agricole.
Nello stesso contesto sono stati sequestrati beni degli arrestati per 80mila euro (due appartamenti ove dimorano gli arrestati siti in Portomaggiore, due conti correnti, dieci autoveicoli utilizzati per il reclutamento ed il traporto dei lavoratori nonché varie carte credito prepagate utilizzate per i pagamenti irregolari); denunciati alla Procura della Repubblica di Ferrara e sottoposti a perquisizione personale e locale 23 imprenditori e relative società agricole a cui viene contestato di aver utilizzato, assunto ed impiegato manodopera mediante l’attività di intermediazione illecita, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Le indagini hanno preso avvio da una violenta rissa verificatasi a Portomaggiore nell’ottobre 2020 nel corso della quale gli arrestati avrebbero sedato, con violenza e minaccia, le rimostranze dei lavoratori.
Il sistema ormai rodato si reggeva sullo sfruttamento dello stato bisogno dei lavoratori, la loro sottomissione, anche col quotidiano ricorso ad ogni genere di intimidazione, a cui si associavano la violazione della normativa sulla sicurezza e dei diritti dei lavoratori.
A seguito delle nuove normative, la pena prevista per lo sfruttamento della manodopera è stata fissata a un massimo di 8 anni, estesa non solo per chi recluta ma anche per l’impresa agricola che impiega manodopera irregolare. (fotografia di repertorio)